Come vorresti ti ricordasse chi hai incrociato sulle strade della vita?

Vorrei pensassimo un attimo alle persone che conoscevamo e che hanno lasciato questa vita. Fermati e pensa a loro un attimo. Cosa ti hanno lasciato? Ricordiamo con più affetto chi ci ha insegnato qualcosa, chi ci ha amato senza riserve, coloro che ci hanno accolti per ciò che eravamo. Anche chi ci ha tirato le orecchie se era il caso.
Ora pensa a te stesso. Cosa vorresti ci fosse scritto sulla lapide destinata a raccogliere pioggia e vento che poseranno sulle tue spoglie? Credo che non vi sia nessuno che vorrebbe leggervi frasi quali: “era molto bello”, “era una tipa assolutamente orgogliosa”, “non ha mai dato nulla senza esser certo di avere qualcosa in cambio” o “si vantava di aver fatto soffrire chiunque avesse incontrato”.
Non penso ci sia nessuno che vorrebbe simili frasi poste per secoli a comunicare ai passanti chi c’è sepolto lì sotto. Eppure spesso agiamo male, siamo malati di orgoglio e presunzione, indossiamo le nostre mille armature perché l’essere buoni, compassionevoli, è quasi considerato un terribile difetto da nascondere. Non sia mai che qualcuno possa pensare di essere più forte di noi, non sia mai che chi ci ha fatto un torto creda che noi siamo disposti a perdonarlo. Dimostreremmo di non farci rispettare.
Il rispetto è una delle concezioni più traviate che esistono. Lo confondiamo troppo spesso con la paura che riusciamo a far provare agli altri. Se nessuno si comporta male nei miei confronti perché sa che la punizione sarà terribile allora sarò una persona rispettata. Io presumo che il vero rispetto si abbia quando le persone non ti fanno del male nonostante sappiano che saresti comunque disposto a perdonarle. Quando le persone ti accolgono scorgendo il divino che si cela sotto i mille tuoi difetti. Quando non ti giudicano per ciò che fai, ma per quello che sei.
“Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te,lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono”. Non se tu hai qualcosa contro tuo fratello. Se lui ha qualcosa contro di te. Secondo la logica imperante dovrebbe essere chi ti odia a presentarsi a te rovesciandoti addosso mille accuse affilate come coltelli. Secondo quest’altra no. Bisogna chiedersi cosa abbiamo fatto perché qualcuno ci porti rancore e rimediare. Molti preferirebbero bere acqua avvelenata anziché pronunciare le parole “Ti perdono”. O se lo fanno lo pronunciano come se il corollario di tale frase fosse: “lo sai che adesso che mi sono mostrato tanto magnanimo ti avrò in mio potere per sempre, vero?”
Non parliamo poi di chiederlo, questo benedetto perdono. Anche si ha torto marcio, si preferisce la figura degli ingrati, degli eterni orgogliosi anziché piegarsi a quella che è considerata la più bruciante delle umiliazioni.
Pensiamo a cosa vorremmo fosse scritto sulla nostra lapide. E iniziamo ad agire per far in modo che il mondo ci ricordi per quello che ci piacerebbe ricordasse della nostra vita. Non domani. Oggi. Oggi è il giorno giusto per iniziare. Domani, chissà. Potrebbe essere troppo tardi.
Nessun commento:
Posta un commento