sabato 2 dicembre 2017

salsedine


Ciò che l'assaliva era quella tristezza intrisa di salsedine che ti coglie quando a fine settembre getti l'ultimo sguardo a quel mare che stai per lasciare. Sai che non saresti rimasto lí per sempre. 
Lo sapevi ancor prima di arrivare, che sarebbe stata solo una tappa, una breve carezza di brezza che ti sfiora il viso e della quale potresti non accorgerti se non fosse che sei totalmente concentrato su essa
Ma invece ti aveva risucchiato cosí tanto che avresti potuto descrivereogni singolo millimetro del suo carezzarti, la diversa forza con la quale ti aveva sfiorato le tempie per poi leggermente passare sui tuoi zigomi, per divenire più forte nell'istante nel quale si era posato sulle tue labbra. E tu avevi attribuito quel bruciore alla salsedine che te le aveva screpolate. Una scusa da raccontare agli altri, che avrebbero fatto finta di crederci per permetterti di conservare quel minimo di dignità che si deve a chi in barba a tutte le sue conoscenze economiche aveva investito tutto in qualcosa di illogico che sapeva non avrebbe mai avuto. Sabbia, sabbia tra le dita, che afferri sulla spiaggia nella celata certezza che non riuscirai a trattenerla. Ma che ti consola e poi chissà... chi l'aveva deciso che le nostre dita non fossero capaci di trattenerla? Per quale oscura profezia le dita non sarebbero riuscite a saldare fortemente le loro fessure per non farla scorrere via? Si rese conto di essere per l'ennesima volta in quell'andito dai muri screpolati nel quale si trovava spesso, quello nel quale potevi irrazionalmente sperare che le leggi del mondo potessero essere solo un errore di interpretazione, che fosse in qualche modo possibile sollevarsi su di esse, schivarle e riderne. Sapeva che non era vero. O forse sapeva che lo era. Era solo lui a non esserne capace.
(foto di demetrio migliorati)

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