Anedonia. Il secondo capitolo
La cosa che faceva più male era il tempo che sembrava non trascorrere mai. Non mi ero mai reso conto che un giorno fosse realmente fatto di ventiquattro ore, ciascuna delle quali contava sessanta minuti, suddivisi a loro volta in sessanta lunghissimi secondi.
Non sapere cosa fare delle mie giornate era l'incubo peggiore. E lo era perché dimostrava chiaramente ciò che tentavo di celare disperatamente a me stesso: e cioè che fino a quel momento tutto ruotava attorno a lei, tutto era scandito dai suoi ritmi e dai suoi bisogni, dalle sue risate e dai suoi pianti.
Alzarsi la mattina significava semplicemente attendere il momento di vedere Clelia, aspettare che chiamasse.
Il telefono giaceva ora chissà dove. Potevo lasciarlo tranquillamente a casa per giorni. Gli unici messaggi erano quelli dell'operatore che mi avvertiva che mi erano stati scalati i soldi della promozione che mi ostinavo a mantenere. Non voglio dire che non avessi amici o altre donne da chiamare. Solo che avevo deciso di non farlo.
Volevo restare solo. A dire il vero avrei voluto chiudere gli occhi, svegliarmi molto dopo e scoprire che era un incubo. O, in alternativa, chiudere gli occhi per non riaprirli più. Non aveva più un senso alzarsi di mattina. Alzarsi per fare cosa? Per continuare ad aspettare sms che non sarebbero mai arrivati. Per continuare a tormentarsi chiedendosi perennemente dove fosse in questo momento, cosa stesse facendo.
E soprattutto chiedendosi se era riuscita a cancellarti definitivamente dalla sua mente, se ti vedesse come un'ombra che si allontanava ogni giorno di più o se continuasse ossessivamente a pensarti ogni giorno. Anche solo una volta al giorno.
Se ricordava qualcosa che avevi fatto per lei e te ne fosse ancora grata. O se avesse cancellato tutto, come se tu non fossi mai esistito.
Sapevo che non era possibile. Lo sapevo perché mai ero riuscito a eliminare totalmente il pensiero di qualcuna. Forse non ricordavo il volto, o ancora di più il nome, di chi mi aveva tenuto compagnia per una sera. Ma ero e resto convinto che non si possa dimenticare chi ti è stato accanto per un anno. Ce l'hai scritto nella memoria e lì resta. Puoi esorcizzarlo con la rabbia, ma non riesci a smuoverlo.
martedì 8 febbraio 2011
Anedonia. Il secondo capitolo
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