sabato 5 ottobre 2013

Il dubbio

Come sia possibile che qualcuno abbia visto l'arcobaleno in quella vallata perennemente colma di nebbia che è il mio animo... 



Vedi, Simon... quello che ti dà sempre a pensare è il dubbio, il dubbio insinuante come le verdi serpi tra l'erba alta, che ti avvisano della loro strisciante presenza solo attraverso un sibilo a volte coperto dal vento. Il dubbio di non aver fatto tutto ciò che potevi. Tutto ciò che dovevi. Ti chiedi se quel mattino uggioso avresti potuto chiudere l'uscio rivolgendole un sorriso anzichè mostrarle tutto il tuo malumore. Se quella piccola, microbica differenza sarebbe stata in grado di cambiare le rotte dei venti di tempesta che seguirono il tuo chiudere quell'uscio. Ti chiedi se è verosimile pensare che al tuo ritorno l'avresti trovata ancora, magari con quello sguardo spaventato che la contraddistingueva quando litigavate e non sapeva se fosse un bene per lei mostrarti il suo perdono o se avresti, per l'ennesima volta, approfittato del suo amarti per non tornare mai più su quella questione per te così stupida che però aveva il tremendo potere di farla soffrire. Sai, Simon, a volte ci penso. La verità è che ci penso sempre. A tutti quei gesti che al momento mi sembravano insignificanti. Alle sue parole che io leggevo sempre come un'accusa nei miei confronti. Quel suo celarsi lento dietro pretese di mille impegni, quel suo rinchiudersi in quell'angolo inaccessibile quando stava male. E mi chiedo se l'intera mia lettura non sia stata totalmente errata. Mi chiedo se i suoi rimbrotti, posto il fatto che so, o Simon, ne ho consapevolezza piena! che avrei dovuto darle molto di più... Posto questo Simon mi chiedo se i suoi rimbrotti in realtà non avessero la delicata mira di far di me un uomo migliore... Quell'uomo che solo lei riusciva a vedere tra le mie nevrosi e le mie mille paure. Io mi sento così ordinario, Simon... Mi guardo allo specchio e non riesco, no, non riesco a scorgere minimamente quell'uomo che lei diceva io fossi. Ma lei continuava a sostenerlo... Lei continuava, ogni giorno, a prendere le difese di quel guerriero che secondo lei era celato nel più recondito spazio del mio io. E a volte sì. A volte credevo proprio di esserlo. Ora non riesco più neanche lontanamente a pensarlo. Mi guardo e vedo le mie occhiaie, la mia lunga barba e mi chiedo come qualcuno abbia mai potuto trovare piacevole la visione di me. Ancora peggio mi guardo dentro, e mi chiedo come qualcuno possa esser stato così paziente da sopportarmi, come sia possibile che qualcuno abbia visto l'arcobaleno in quella vallata perennemente colma di nebbia che è il mio animo. (la triste regalità delle semibrevi)

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